“A quelli che giungono dal mare appare nel lido il porto di Venere e qui - nei colli che ammanta l’ulivo è fama che anche Minerva scordasse per tanta dolcezza Atene - sua patria... .”
Petrarca
All'estremità ovest del Golfo dei Poeti, il promontorio di Portovenere - con le isole della Palmaria, del Tino e del Tinetto – costituisce uno dei borghi più suggestivi e storicamente interessanti della Riviera Spezzina. Di antichissime origini, deve probabilmente il suo nome alla presenza di un piccolo tempio pagano, a quanto pare dedicato alla Dea Venere. Si ipotizza che la posizione del tempio fu scelta con accuratezza: per via delle onde che a volte si infrangono con violenza sull'estrema punta del promontorio, questo tratto di costa è ricco di spuma marina e proprio dalla spuma marina nacque la Dea Venere.
Portovenere - Il Porto (Foto di Andrea Moro andreamoro.blogspot.com)
Le origini dell'attuale insediamento di di Portovenere risalgono all'età romana. Gli storici sono ormai concordi nell'identificare Portovenere con quel “Portus Veneris” citato nell'Itinerarium Maritimum Imperatoris Antonini Augusti già nel II secolo d.C.
In seguito, durante gli albori dell'epoca cristiana, Portovenere e soprattutto le isole di Palmaria, Tino e Tinetto divennero oggetto di una colonizzazione monastica benedettina, di cui si conservano ancora diverse tracce architettoniche.
Le prime notizie documentate sull'insediamento urbano di Portovenere risalgono al XI secolo, ossia quando questo territorio divenne feudo dei signori di Vezzano. Venne quindi ceduto alla Repubblica Marinara di Genova che peraltro già dal 1113 aveva preso possesso di S. Pietro, la punta meridionale del promontorio. Da questo periodo in poi Portovenere costituì l'avanposto e il punto di forza della penetrazione genovese nella Riviera del Levante. Il ruolo militare del borgo che si era via via andato a delineare divenne ancora più marcato durante le lotte fra Genova e Pisa per la supremazia sul Mar Tirreno Settentrionale, quando le Magistrature Genovesi progettarono un vero e proprio progetto urbanistico sia per gli insediamenti civili che per le fortificazioni e gli apprestamenti militari.
Portovenere fu quindi un borgo fortezza, finchè nel 1494 non venne bombardato, preso e saccheggiato dagli Aragonesi. Diminuì quindi di importanza ed entrò in una fase di lungo declino, finchè non ritrovò un nuovo periodo di splendore già a partire dai primi decenni dell'Ottocento, quando poeti quali Byron e Shelley ne decantarono la particolare bellezza.
Portovenere è raggiungibile in auto provenendo sia da Genova che da La Spezia, ma per ammirare questo borgo nella sua interezza conviene utilizzare uno dei traghetti che più volte al giorno fanno la spola tra Lerici, La Spezia e le Cinque Terre. Dal traghetto, avvicinandosi man mano al promontorio di Portovenere con la caratteristica chiesa di San Pietro si potrà ammirare la schiera delle case fortezza, con i loro colori pastello tipici della Liguria.
Il traghetto che si avvicina a Portovenere (Foto di Andrea Lapi)
Una volta scesi sulla terraferma si potrà visitare il borgo che vede in Via Capellini la strada principale (la strada più animata e vitale, ricca di negozi di prodotti tipici e di souvenir turistici), una stradina (carrugio) lungo e stretto che nell'epoca medievale ha rappresentato l'asse di sviluppo dell'abitato. Vale la pena visitare la chiesa di San Pietro, le rovine del Castello, la Collegiata di San Lorenzo.
Una porta ad arco, ricavata dalle antiche mura e inserita nel complesso delle case fortezza, rappresenta l'ingresso alla Portovenere “genovese”. Sulla porta si trova infatti l'iscrizione “Colonia Januensis 1113”, a testimonianza del primo insediamento militare ai tempi della Repubblica Marinara. La porta è fiancheggiata alla sinistra da misure di capacità genovesi risalenti al 1600 e da una torre della seconda metà del 1100. Internamente alla porta si può ammirare un affresco quattrocentesco rappresentante la Madonna Bianca e i SS. Pietro e Lorenzo.
La Madonna Bianca è particolarmente cara ai portoveneresi e dal 1200 circa, ogni anno il 17 agosto si svolge una processione al calar del sole, con le fiaccole accese poste lungo tutto il promontorio di San Pietro
Dall'antica porta si dipana Via Capellini, l'asse di sviluppo dell'abitato medievale, a sua volta fiancheggiata da antiche case che, nonostante i numerosi rimaneggiamenti e sopraelevazioni nei secoli successivi conservano elementi architettonico-decorativi di pregio, come archetti pensili e portali in marmo e ardesia.
Via Capellini, parallela all'asse di costa, termina in piazza Spallanzani dove, prima dell'epoca della dominazione genovese, sorgeva un villaggio di pescatori, villaggio del quale non sono rimaste che poche tracce. Al termine di Via Capellini, sulla destra una scalinata che scende alla grotta Arpaia cara al poeta Byron; proseguendo per una salita a gradoni si raggiunge la chiesa di S. Pietro,
Un restauro del secondo dopoguerra, ha rivelato che la chiesa di S. Pietro venne eretta a partire dai resti di un antico tempio pagano dedicato a Venere Ericina (da cui, a quanto pare, deriva il nome di Porto Venere).
La Chiesa di San Pietro è costituita dall'integrazione e dal rimaneggiamento di edifici di periodi diversi. La parte destra, in marmo nero della Palmaria, è la chiesa paleocristiana, la cui abside è inscritta nel muro perimetrale tutt'uno con la chiesa di epoca medievale. I Genovesi, intorno al 1260, iniziarono la costruzione di una chiesa in stile gotico (gotico genovese, con il tipico paramento a fasce) in segno di riconoscenza ai coloni portoveneresi che contribuirono ad espugnare il castello di Lerici. La chiesa così costruita venne dedicata a San Pietro e presenta, ancor oggi, sul fianco sinistro la torre nolare del campanile con finestre a bifora.
Anche gli interni della chiesa mostrano i vari rimaneggiamenti: a destra dell'ingresso è la fase primitiva del secolo VI a pianta rettangolare con abside semicircolare, che conserva parte del pavimento in marmo originario. Lungo il fianco destro dell'abside si innesta l'asse maggiore della chiesa duecentesca genovese, con soffitto ligneo a capriate e paramento a fasce.
Dalla Chiesa di S. Pietro, tornando verso Via Capellini, si sale alla bella collegiata romanica di San Lorenzo. Iniziata nel 1116, venne consacrata nel 1130 da Papa Innocenzo II, poi in seguito danni causati da incendi e bombardamenti (aragonese alla fine del 1400) subì vari restauri e rimaneggiamenti. A primitive forme romantiche si sovrappongono elementi gotici e rinascimentali. La facciata marmorea ha la parte mediana aperta dal portale ogivale con colonnine lisce e spiraliformi.
L'interno è a tre navate suddivise da archi impostati su colonne in marmo bianco e ospita un piccolo dipinto su pergamena del 400 di Scuola Fiorentina: la Madonna Bianca. Ospita, inoltre, il San Lorenzo, statua in marmo del Seicento. Nella sagrestia è allestito il Museo Artistico che espone dipinti, oreficeria sacra e oggetti religiosi dei secoli XVI e XVII.
Dal piazzale della Collegiata di San Lorenzo, si sale al Castello di Portovenere, detto anche Castello Doria. Il Castello è una grandiosa architettura militare, strategica per il costante controllo della costa e dell'insediamento civile. Ancora oggi sono osservabili le mura e le torri quadrate. Sorto sul luogo del primo forte genovese del 1162 e distrutto nel 1453, il Castello è costituito da due corpi distinti di epoca diversa: un corpo basso con il portone di ingresso ed un corpo più alto che ospita la “Casa del Capitano”, di epoca cinquecentesca.. La parte più interna del Castello venne realizzata sotto la direzione di Antonio Spinola nella seconda metà del XVI secolo. Quella esterna seicentesca è dotata di robusti muri senza apertura a difesa delle artiglierie.
Ad oggi, le sale del castello sono state convertite a sede di importanti eventi espositivi e nell'Anfiteatro recentemente ricostruito e ammodernato vengono allestiti balletti, concerti ed eventi teatrali.
Di fronte alla punta S. Pietro di Portovenere si trovano le isole di Palmaria, Tino e Tinetto, a prolungamento del promontorio ovest del Golfo dei Poeti. Attualmente sono disabitate ma nell'antichità furono centri di importanti insediamenti preistorici e poi colonie benedettine di cui rimangono interessanti testimonianze. Attualmente le 3 isole e il tratto di mare di pertinenza sono state dichiarate area di tutela marina, più precisamente fanno ora parte del Parco Naturale Regionale di Portovenere.
L'Isola di Palmaria vista da Portovenere (Foto di Francesco Nassano)
L'Isola della Palmaria è la più grande delle tre isole che si trovano di fronte a Portovenere (il perimetro è di circa 6,5Km). Dal punto di vista orografico, l'isola scende gradatamente a mare ad est ed è coperta da una ricca macchia mediterranea. Ad ovest, invece, esistono scogliere ripide e falesie a picco sul mare. Su questo lato dell'isola di aprono anfratti e grotte, detti in dialetto locale “Balme” da cui deriva appunto il nome dell'isola (Balmaria, successivamente trasformato in Palmaria). Due di queste grotte rivestono un particolare interesse naturalistico: la grotta Azzurra è una tappa turistica quasi obbligata. Si tratta di una grotta dallo sviluppo di una sessantina di metri e che pertanto può essere visitata con piccole imbarcazioni e la sua particolarità risiede proprio nell'acqua incredibilmente cristallina.
Un'altra grotta interessante è la grotta dei Colombi, che però si trova in posizione decisamente elevata. Si raggiunge con estrema difficoltà dall'alto ed è interessante perché durante le prime esplorazioni in epoca moderna vennero rinvenute tracce di insediamenti umani del mesolitico.
L'isola, raggiungibile in traghetto, è visitabile. Un tempo abitata anche da civili, ora è principalmente sede di insediamenti della Marina Militare (che ha anche uno stabilimento balneare). Il carattere militare dell'isola impedisce però di accedere alla sommità al Forte Umberto I, al Forte Cavour e a bunker e fortificazioni immortalati nel celebre film “I Cannoni di Navarone”.
L'isola del Tino è la seconda isola per dimensioni del gruppo di isole di fronte a Portovenere. Dal punto di vista orografico è simile a Palmaria, sebbene raggiunga un'altezza sul livello del mare inferiore (99 metri contro i 188 di Palmaria).
I ruderi dell'abbazia di S. Venerio rappresentano la testimonianza della colonizzazione monastica benedettina. Il complesso venne abbandonato nel XV secolo e ad oggi esistono solo parte dei muri perimetrali della chiesa e parte del chiostro in stile romanico. Edificata a partire dalla cappella dedicata a S. Venerio (eremita nato a Palmaria e morto sul Tino), non è purtroppo visitabile poiché il Tino è territorio interamente militare. In onore di S. Venerio, patrono del Golfo di La Spezia, l'isola è visitabile ai turisti due volte l'anno, il 13 settembre e la domenica successiva.
Poco di più che uno scoglio, al Tinetto la vegetazione è pressochè assente. Si possono osservare, anche dal mare, i ruderi di due strutture testimonianza della presenza di antiche comunità religiose
Nella parte occidentale dell'isola sorgeva un tempo un piccolo oratorio del secolo VI con abside orientata ad est del quale sorgeva un edificio più complesso. Quest'ultimo con chiesa a due navate e celle per i monaci presenta differenti fasi costruttive che si sono succedute fino al XI secolo, quando venne distrutto in seguito ai tentativi di invasione dei Saraceni.
Lasciando Portovenere per dirigersi verso La Spezia si attraversa il borgo di Le Grazie che si erge su un ampio armonioso seno con un piccolo porticciolo turistico. Attualmente è ricco di seconde case che hanno esteso il vecchio agglomerato urbano. Un tempo a vocazione pescatoriale, ospita alcuni monumenti religiosi di grandissimo pregio. La parrocchia di S. Maria delle Grazie, ad esempio, è realizzata in tardo stile gotico. All'interno trova sede una bella tavola di scuola toscana della prima metà del secolo XVI, la cosiddetta S.Margherita da Cortona.
Sempre nella parrocchia di S.Maria delle Grazie, è ammirabile il Miracolo di S Venerio e uno stupendo dipinto attribuito a Domenico Piola il S. Francesco che implora il perdono di Assisi . Nell'abside si trova il dipinto SS. Pietro Andrea e Antonio abate, del secolo XVI ad opera di Paolo da Recco. Sul fianco destro della chiesa, la Sala capitolare dell'annesso ex convento degli Olivetani - dove si rifugiarono i monaci che abbandonarono l'isola del Tino nel secolo XV – ospita un affresco dell'inizio del Cinquecento ad opera di Nicolò Corso rappresentante la Crocifissione.